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Non è un Paese per buoni

 

(di Carlo Anibaldi)

E' pur vero che buoni e cattivi sono categorie della mente, piuttosto che un reale distinguo fra opposti che si fronteggiano all'interno di una società e fra società, ma ciò premesso, appare importante mettere qualche pietra per contribuire a togliere di mezzo quel che resta di un pregiudizio: l'Italia è un Paese 'buono', fatto per lo più di gente con buone intenzioni e opere.

Come spesso capita, è il punto di vista che fa la differenza. Si può infatti considerare l'Impero Romano come un formidabile evento storico che ha creato le premesse di una rapida civilizzazione del continente europeo, introducendo i pilastri fondanti del mondo moderno: il diritto, le comunicazioni, il commercio, la politica. Le popolazioni italiche di quel tempo sono state il seme di forme straordinariamente intelligenti di organizzazione della società. Questo è il punto di vista prevalente, ma non il solo. Infatti questo popolo di condottieri ha assoggettato, distrutto, amalgamato, ucciso tutto quanto nel mondo conosciuto di allora stava germogliando, aprendo la strada ad un lungo, oscuro e sanguinoso medio evo della storia di enormi popolazioni. Questo è un altro punto di vista, non prevalente, ma radicato. Del resto nessuno può dire nulla di certo su ciò che sarebbe stato il mondo senza l'Impero Romano e dunque nulla impedisce a molti di farsi la convinzione che oggi avremmo un mondo migliore se circa 2500 anni fa Enea avesse toccato terra in Bretagna anziché nel Lazio.

Mi rendo conto che non è procedendo in questa maniera che si pondera la Storia, ma questo non è un ragionamento storico, che in questo contesto non ci tornerebbe utile, ma una disanima fantasociale che per paradossi ci consenta di smontare un fantasioso quanto radicato teorema, il cosiddetto buonismo italico, che di storico infatti non ha nulla, come ben sanno gli storici, appunto.

La Chiesa di Cristo, nata in terre lontane nel bel mezzo dell'Impero Romano, quando giunge a Roma perde per lunghi secoli il Messaggio, perde la misura, la tolleranza, la fraternità, la carità. Non sono pochi coloro che pensano seriamente che la grandezza del Cristianesimo sia più nel Messaggio di Cristo che nei grandi numeri acquisiti dopo la conversione di Costantino e la successiva enorme diffusione nel Sacro Romano Impero, dopo le Crociate e più tardi ancora nelle terre d'oltremare. La Storia del Cristianesimo appare fatta di molti grandi numeri e, in proporzione, di pochi grandi uomini. Anche in questo caso sono molti a chiedersi come sarebbe la Chiesa di Cristo se Pietro l'avesse fondata a Norimberga anziché a Roma, ma sappiamo che nel mondo di allora non avrebbe avuto alcun senso fondarla in un posto che non fosse Roma.

La dissoluzione dell'Impero Romano lascia sul terreno il meglio e il peggio di sé. Le fondamenta del Diritto insieme a strade, porti e mercati. Lascia anche corruzione e clientelismo in spaventosa diffusione. Martin Lutero non fece solo una riforma religiosa, ma una vera ribellione socio-culturale a quella che oggi verrebbe definita "Roma ladrona", un cataclisma delle coscienze di cui, ancora oggi, si avverte la distanza profonda presa nei confronti di un certo modo "romano" di intendere la società civile, una ventata chiarificatrice circa i diritti e i doveri inderogabili dei cittadini e la lotta alla corruzione e al clientelismo senza ipocrisie. Se da una parte è verità storica che il popolo ebreo ha ucciso Cristo, è anche vero che i Cattolici di Roma cercano riscatto per averlo per secoli ucciso ogni giorno attraverso il relativismo etico di cui si son fatti portatori.

La nascita e la successiva esportazione della mentalità "mafiosa" prende origine in quei secoli, quando il relativismo etico di una dottrina finisce per permeare il tessuto sociale e contaminarne gli strati più indifesi, ignoranti e poveri, paventando una possibile via di riscatto dalle ingiustizie secolari patite. Se ti penti di fronte a Dio attraverso il tuo confessore, sei comunque un buon cristiano e le porte del Paradiso non saranno per te sbarrate, anche se hai rubato, tradito, malversato e perfino ucciso. Questo è il Relativismo che oggi la Chiesa di Roma sconfessa, ma che è stato per secoli il pane "etico" e companatico "spirituale" di intere moltitudini.

Non a caso il Fascismo, inteso come via sociale all'affermazione dell'Io, al culto della personalità e alla negazione della molle Democrazia, è nato in Italia e coltivava idealmente nostalgie, singolarmente divenute "politica", nei confronti di Legioni, Imperi, Dux, populismo, disprezzo del debole (ricordate la Rupe Tarpea?) e Fasci Littori. Gli italiani hanno insomma mostrato di avere serie difficoltà a rinnegare la propria Madre, quella Roma Imperiale che ha dominato il mondo. Non fu Mussolini a scimmiottare il Nazismo o il Franchismo, semmai il contrario, fatta salva la superiorità in mezzi, armamenti ed efficienza che ha messo Hitler e non Mussolini sul piedistallo del peggior leader del Millennio.

Dal dopoguerra ad oggi questo nostro popolo non ha visto reale pacificazione. Ora come allora siamo divisi in modo netto, incivile. Abbiamo avuto Anni di Piombo di incredibile ferocia. Il fenomeno appare solo sopito per questioni contingenti, non certo per progressi nell'evoluzione delle coscienze.

Per concludere, il cosiddetto buonismo italico (vedi articolo di approfondimento) appare pura ipocrisia, di cui non gli storici, ma i nostri politici del dopoguerra e anche successivi, sono, per diverse ragioni, complici. Con altrettanta esagerazione, ma con qualche fondamento, qualcuno potrebbe perfino arrivare ad affermare che siamo un popolo fra i meno "buoni" di questo mondo.

 

 

(Carlo Anibaldi)

 

 

L'EREDITA' SCOMODA DEL FASCISMO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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