Siamo
abituati a pensare la vecchiaia come l’anticamera della morte,
poichè finisce sempre con essa e per questo ci spaventa.
Proviamo a riconsiderare la cosa, visto che di là dovremo
passare, in quanto non s’è mai vista una anticamera lunga
vent’anni e più. Ci deve allora essere una buona ragione se pure
oramai imbruttiti, mezzi sordi e mezzi ciechi e con un filo di
fiato e di forza continuiamo a girare a lungo intorno al gorgo
che ci inghiottirà. La vecchiaia degli umani è fra le più lunghe
in natura, poichè la vita continua molti anni dopo che la
facoltà di procreare si è spenta, dopo che le capacità creative
in generale sono esaurite. Ci sarà pure un perchè a questo,
soprattutto se consideriamo che in natura ben poco o nulla è
affidato al caso. Proviamo allora a considerare che siamo corpo
e Anima, noi siamo così, e allora il percorso dell’uno non
termina se non è compiuto il percorso dell’altra. Il corpo
smette di essere funzionale e indipendente ma non se ne va,
poichè aspetta l’Anima, che generalmente ha tempi parecchio più
lunghi per svolgere il lavoro, che alla fine possiamo
sintetizzare in una parola: capire, capire la natura e la
propria vita stessa. L’anima ritorna a casa con noi ogni sera e
non di rado ci tiene svegli la notte. Il nostro temperamento
dunque, quello che per tanti anni ha determinato scelte,
amicizie, amori, abitudini, errori. E allora forse il
significato di una lunga vecchiaia è quello di capire il nostro
destino, riconnettersi ad esso, per riconoscere quella figura
che porta il nostro nome e una storia disegnata nella nostra
faccia. La vecchiaia ci consente una seconda lettura delle
vicende della nostra vita, le sue contingenze e i tanti momenti
sprecati. Non è dunque una età triste, se la consideriamo una
occasione irripetibile e imperdibile di vedere la nostra vita
come una metafora e finalmente comprendere il senso di un lungo
cammino.
La divisione netta fra anima e corpo è del tutto artificiosa e addirittura, nelle religioni monoteiste, questa spaccatura è il centro di ogni cosa che dia un senso al ‘credere’. Le cose non stanno così e meno male….le trasformazioni del corpo e quelle dell’Anima sono infatti indissolubili, salvo interrompere il processo con una cannonata o una coltellata o una grave malattia, che comunque non è quasi mai solo del corpo e fa perciò parte del destino che ci scegliamo o ci costringono a scegliere per fame, miseria e umiliazioni infinite, del corpo e della mente.
[Carlo Anibaldi alias Hannibalcarlo, alias Carlowski]